Una profonda riforma ha interessato il mondo dell’associazionismo con l’introduzione nel nostro ordinamento del Codice del Terzo settore (D.lgs nr.117 del 3 Luglio 2017) che ha radicalmente modificato l’inquadramento giuridico, amministrativo e fiscale degli Enti no-profit.
Tra i principali obiettivi c’è la volontà di dare un quadro normativo moderno, unitario, riordinato e coerente al Terzo Settore e di garantire sistemi di amministrazione e di controllo interno standardizzati. La parola riordino, usata più volte anche dal sottosegretario Luigi Bobba, “padre” della riforma, è la più appropriata per indicare lo scopo principale del Codice.
Ecco alcune tra le principali novità:
· Abrogazione di diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000).
· Indicazione delle sette tipologie riconosciute quali Enti del Terzo settore (ETS): Organizzazioni di volontariato (Odv), associazioni di promozione sociale (Aps), imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali), enti filantropici, reti associative, società di mutuo soccorso, altri enti di carattere privato diversi dalle società.
· Definizione delle attività di interesse generale “esercitate in via esclusiva o principale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale” (Articolo 5 del Codice del Terzo Settore).
· Iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore, in sostituzione dei molteplici registri preesistenti.
Esaminando il testo del Codice, risaltano i nuovi obblighi previsti per gli enti del terzo settore che, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti ad assicurare la pubblicità dei propri atti e una maggiore trasparenza nei bilanci, nei rapporti di lavoro e relativi stipendi e nell’assicurazione dei volontari.
In particolare, saranno obbligatori la redazione e il deposito del bilancio annuale (con modalità semplificate per gli enti con entrate inferiori a 220.000 euro annui che potranno redigere e depositare un rendiconto di cassa) e la pubblicazione sul sito web di tutti i compensi o corrispettivi attribuiti a dirigenti, associati e membri degli organi di amministrazione.
Ai doveri suddetti fanno da contraltare una serie di esenzioni e vantaggi economici di cui gli enti no-profit potranno beneficiare.
Ad esempio, per chi effettua erogazioni liberali a favore degli ETS è prevista una detrazione Irpef pari al 30% (35% nel caso in cui a beneficiarne sia un’organizzazione di volontariato). A fronte di liberalità in denaro o in natura erogate da società ed enti, viene ammessa fin da subito la deducibilità nei limiti del 10% del reddito dichiarato.
A partire dal 2018, inoltre, entreranno in vigore agevolazioni quali “titoli di solidarietà” e piattaforme di social lending, nonché il “social bonus” ovvero un credito di imposta che incentiva le donazioni per il recupero da parte degli ETS di immobili statali inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
Quanto finora detto avrà piena attuazione con la piena operatività del registro, non prima che vengano pubblicati i circa venti decreti attuativi necessari affinché funzioni nella pratica quanto previsto.
Nell’attesa, gli enti interessati dalla riforma potranno adeguare i propri statuti ai contenuti del nuovo Codice e applicarlo così fin da subito, in attesa di potersi iscrivere al Registro unico nazionale del Terzo settore.
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