Chissà com’è che le scuse sono sempre le stesse:
- Versione pietosa: “Si, è vero… ma proprio non li abbiamo!” La colpa viene addossata allo sponsor che non ha dato quanto promesso, a qualche misterioso compagno che non ha versato le quote dovute, al datore di lavoro che è in ritardo con gli stipendi, ai genitori che non hanno dato la paghetta. In realtà il problema è stato l’acquisto del nuovo telefonino, o i troppi viaggi alle discoteche di Rimini o Viareggio, o comunque perché ciascuno se li è spesi in altre amenità. Ad ogni buon conto nessuno aveva pensato di dare importanza alle minacce del C.U. Il tutto si conclude con una disperata colletta o in un mesto ritorno a casa.
- Versione angelica: “Abbiamo già pagato, lo giuro!” Ovviamente non è vero, nella migliore delle ipotesi manca il responsabile e il resto della ciurma è in quel tipo di “buona fede” traducibile in “noi ce ne freghiamo”. E comunque, gli avvisi sui Comunicati Ufficiali non li hanno mai letti? Nella storia passata, in un paio di casi, erano in buona fede davvero, salvo poi scoprire che il loro “ufficiale pagatore” si era volatizzato con il bottino, anche se i soliti avvisi sui C.U. potevano destargli il sospetto… Seguono lunghe discussioni con i benpensanti della squadra, collette stizzose, e sanzione per ritardato inizio della gara.
- Versione diabolica: “E’ una vergogna! Chiederci i soldi così… senza neanche avvisarci!” Spesso e volentieri seguono parolacce dalla ciurma dalle retrovie dello spogliatoio, seguono telefonate al pronto Arbitri (che non si deve usare per queste cose), con toni che oscillano dallo scandalizzato al contrariato, dall’offeso al possibilista. Difficile distinguere i casi di buonafede (sia pur becera e maleducata) ai casi di piena malafede dove dovrebbero essere solo presi a scapaccioni ma invece il commissario di solito è iperpaziente e anziché cacciarli tutti a casa, riscuote l’indispettito pagamento e la gara inizia tardi, con relativa sanzione.